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Ecologie femministe e intersezionali nella letteratura e nella cultura visuale

A cura di Giulia Fabbri (Sapienza Università di Roma) e Chiara Xausa (Università di Bologna)

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In un articolo del 2008 dal titolo Ecofeminism without Nature?, Stacy Alaimo scrive che le possibilità di collegare femminismi e ambientalismo sono molteplici. Sarebbe però un errore, aggiunge, presupporre che i femminismi siano intrinsecamente ambientalisti o orientati verso la giustizia multispecie, dal momento che non esiste un’alleanza naturale tra queste prospettive. Poiché la storica associazione tra donne e natura è stata a lungo considerata una delle radici principali della sottomissione femminile, parte del femminismo ha tentato di separare la categoria di donna dalla sfera della natura per avvicinarla a quella della cultura – la cosiddetta flight from nature, “fuga dalla natura” (Alaimo 2000) –, rinunciando a interpretare criticamente e a superare il dualismo cultura/natura. L’ecofemminismo muove proprio da queste dicotomie gerarchizzanti (cultura/natura ma anche umano/non-umano, uomo/donna e molte altre) in cui il temine normativo incarna l’universalità mentre i soggetti altri vengono subordinati al mondo del non valore, e invita a superare la visione dualistica della realtà e i valori di dominio, sfruttamento e disuguaglianza che questa porta con sé. A partire dalla sua prima teorizzazione nello scritto di Françoise d’Eaubonne del 1974, Le féminisme ou la mort, l’ecofemminismo si sviluppa come una corrente del femminismo esplicitamente ecologica, che sostiene l’esistenza di una intersezione strutturale tra il dominio patriarcale delle donne e la subordinazione della natura.

Questo numero di de genere intende allargare lo sguardo oltre la connessione donne-natura, con l’obiettivo di evidenziare come il pensiero elaborato da soggettività marginalizzate sulla base delle identità di genere e dell’orientamento sessuale, della razza, della disabilità e di altre categorie possa offrire un contributo prezioso alle traiettorie di ricerca delle Environmental Humanities. Accogliamo quindi contributi che rispondano all’invito fatto da Stacy Alaimo nel suo libro più recente Exposed. Environmental Politics and Pleasures in Posthuman Times (2016, tradotto in italiano nel 2024): creare nuove possibilità per rendere produttive e generative queste alleanze, tensioni e, a volte, contraddizioni ed estenderle oltre il territorio nel quale femminismi e ambientalismo sembrano sovrapporsi.

Gli sviluppi teorici più recenti nell’ambito della riflessione sulle Environmental Humanities hanno messo in luce diverse intersezioni tra femminismi, teorie queer, giustizia climatica, questione animale e decolonialità, contribuendo a smantellare i rapporti su cui i sistemi di oppressione si reggono: si pensi, ad esempio, a Beasts of Burden: Animal and Disability Liberation di Sunaura Taylor (2017), Aphro-ism: Essays on Pop Culture, Feminism, and Black Veganism from Two Sisters di Aph Ko e Syl Ko (2018), Queer Ecologies: Sex, Nature, Politics, Desire di Catriona Mortimer-Sandilands e Bruce Erickson (2010) e Queer Ecofeminism: From Binary Environmental Endeavours to Postgender Pursuits di Asmae Ourkiya (2023). Negli ultimi anni anche l’Italia ha assistito alla pubblicazione di importanti testi (italiani o tradotti) che propongono riflessioni sui sistemi di oppressione che coinvolgono in modo intersezionale tanto i soggetti umani quanto le molteplici alterità non umane – basti pensare, a titolo non esaustivo, ai volumi Per farla finita con la famiglia di Angela Balzano (2021), Cosa può un compost di Antonia Anna Ferrante (2022), Cospirazione animale di Marco Reggio (2022) e Animali si diventa di Federica Timeto (2024). Tali testi contribuiscono allo sviluppo nel contesto italiano di un dibattito e di una teorizzazione sulle articolazioni dell’Antropopatriarcato, in un momento storico, come quello attuale, in cui emerge in modo evidente come gli effetti della crisi ambientale hanno un impatto differenziato sulle diverse categorie di soggetti.

Questo numero monografico intende mappare (in modo inevitabilmente parziale) le zone di interazione tra le teorie e le pratiche femministe intersezionali e le Environmental Humanities nella letteratura e nella cultura visuale di diversi contesti nazionali e/o attraverso una prospettiva comparata. Sia nella letteratura che nella cultura visuale, infatti, gli intrecci tra ecofemminismi e trasversalità delle lotte non sono ancora stati oggetto di analisi sistematiche. Siamo interessate quindi a contributi che analizzino le rappresentazioni culturali di tali intersezioni ponendo l’attenzione su differenti questioni (tra cui femminismo e postumano, ecofemminismo e intersezionalità, genere e cambiamento climatico, ecologie queer, questione animale) e attraverso diverse prospettive di analisi (tra cui studi post- e decoloniali, critical race theory, teoria queer, epistemologie indigene, disability studies).

Una lista non esaustiva di possibili aree di indagine include:

Per proporre un contributo (articoli, interviste, interventi artistici) inviare un abstract di massimo 500 parole in italiano o in inglese e una breve biografia a degenere.journal@gmail.com e in CC a giulia.fabbri@uniroma1.it e chiara.xausa2@unibo.it. Per le linee guida per l’invio di una proposta ed altre informazioni controllate la nostra pagina con le linee guida.

 

Consegna abstract: 30 settembre 2024

Comunicazione articoli accettati: 15 ottobre 2024

Consegna articoli: 15 febbraio 2025

Bibliografia

Adams, Carol. 2020. Carne da macello. La politica sessuale della carne. Milano: Vanda, Milano.

Alaimo, Stacey. 2008. “Ecofeminism Without Nature: Questioning the Relation Between Feminism and Evironmentalism”, International Feminist Journal of Politics, 10 (3): 299-304.

Alaimo, Stacey. 2016. Exposed. Environmental Politics and Pleasures in Posthuman Times. Minneapolis: University of Minnesota Press.

Balzano, Angela, Elisa Bosisio e Ilaria Santoemma, a cura di. 2022. Conchiglie, pinguini staminali. Verso futuri transpecie. Roma: DeriveApprodi.

Balzano, Angela. 2021. Per farla finita con la famiglia. Dall’aborto alle parentele postumane. Milano: Meltemi.

Barad, Karen. 2017. Performatività della natura. Pisa: ETS.

Braidotti, Rosi. 2020. Il postumano (3 Voll.). Roma: DeriveApprodi.

d’Eaubonne, Françoise. 1974. Le féminisme ou la mort, P. Horay.

Demos, T.J. 2017. Against the Anthropocene. Visual Culture and the Environment Today. London: Sternberg Press.

Ferrante, Antonia Anna. 2022. Cosa può un compost. Fare con le ecologie femministe e queer. Roma: Luca Sossella Editore.

Fiskio, Janet, 2021. Climate Change, Literature, and Environmental Justice. Poetics of Dissent and Repair. Cambridge: Cambridge University Press.

Guaraldo, Emiliano. 2022. “The Anthropocene and the Aesthetics of Planetary Abstraction”. In On the Interplay of Images. Imaginary and Imagination in Science Communication, a cura di Andreas Metzner-Szigeth, 163-178. Firenze: Olschki.

Haraway, Donna. 2019. Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto. Roma: Nero.

Ko, Syl and Aph Ko. 2020. Afro-ismo. Cultura pop, femminismo e veganismo nero. Milano: Vanda.

Mirzoeff, Nicholas. 2014. “Visualizing the Anthropocene”. Public Culture 26 (2): 213-232.

Mortimer-Sandilands, Catriona e Bruce Erickson, a cura di. 2010. Queer Ecologies: Sex, Nature, Politics, Desire. Bloomington: Indiana University Press.

Ourkika, Asmae. 2023. Queer Ecofeminism. From Binary Environmental Endeavours to Postgender Pursuits. Lanham: Rowman & Littlefield.

Poray-Wybranowska, Justyna. 2021. Climate Change, Ecological Catastrophe, and the Contemporary Postcolonial Novel. New York: Routledge.

Reggio, Marco. 2022. Cospirazione animale. Tra azione diretta e intersezionalità. Milano: Meltemi.

Rosenthal, Debra J. e Jason de Lara Molesky. 2023. Cli-fi and Class. Charlottesville: University of Virginia Press.

Stewart, Anne. 2022. Angry Planet. Decolonial Fiction and the American Third World. Minneapolis: University of Minnesota Press.

Streeby, Shelley. 2018. Imagining the Future of Climate Change: World Making through Science Fiction and Activism. Oackland: University of California Press.

Taylor, Sunaura. 2021. Bestie da soma. Disabilità e liberazione animale. Milano: Edizioni degli Animali.

Tidwell, Christy e Bridgitte Barclay, a cura di. 2019. Gender and Environment in Science Fiction (Ecocritical Theory and Practice). Lanham: Lexington Books.

Timeto, Federica. 2024. Animali si diventa. Femminismi e liberazione animale. Napoli: Tamu.

Vakoch, Douglas A., a cura di. 2021. Dystopias and Utopias on Earth and Beyond Feminist Ecocriticism of Science Fiction. New York: Routledge.

Vakoch, Douglas A., a cura di. 2021. Ecofeminist Science Fiction. International Perspectives on Gender, Ecology, and Literature. New York: Routledge.

Watkins, Susan. 2020. Contemporary Women’s Post-Apocalyptic Fiction. London: Palgrave Macmillan.

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The Discursive Construction of Contemporary Family Types

Editors for this issue: Giuseppe Balirano (University of Napoli “L’Orientale”), Jai Mackenzie (Newman University, Birmingham, UK), Angela Zottola (University of Torino)

The traditional nuclear ideal of a cisgender, heterosexual mother and father giving birth to a child through the fulfillment of marital duties has been central to definitions of ‘parenthood’ for centuries. This outdated view of parenthood relies on dominant (Baxter 2003) or normative (Motschenbacher and Stegu 2013) discourses that define and represent parenthood and families according to heteronormative and binary conventions of sexual reproduction. In the last sixty years, partnership and childbearing trends have significantly changed and therefore inevitably altered family lifestyles, with significant implications for household structures. In line with these shifts in family formations and practices, research in the past few decades has shown how parenthood can be constructed beyond traditional conventions. This has included consideration, for example, of gay, lesbian and bisexual parents who conceive through donor conception, surrogacy or co-parenting arrangements (Hogben & Coupland 2000; Mackenzie 2023a, 2023b; Sokalska-Bennett 2017; Suter et al. 2015), as well as single parents who bring children into their lives through adoption or donor conception (Mackenzie 2023a, 2023b). However, despite these shifts in family practice and academic discourse, the lack of visibility, coupled with negative and discriminatory depictions of alternative families, has proven to be socially and discursively problematic, limiting the production of dialogic spaces in which non-normative families can exist and feel acknowledged. In this special issue, we seek to explore discursive constructions of parenthood and the family that move beyond its restrictive traditional definitions, to include other formulations such as single parenting, same-sex couple parenting, adoption, donor conception, chosen families, multi-parent families and blended families. We welcome contributions that take a range of linguistic approaches, which may include, but are not limited to, critical discourse analysis, corpus linguistics, multimodal (critical) discourse analysis, pragmatics, sociolinguistics, translation studies and queer linguistics. Abstracts of 300 words (in English, Italian or French) should be sent to: degenere.journal@gmail.com and in CC to: angela.zottola@unito.it. For submission guidelines and further info please check our submissions page. Submission of proposals: 31 January 2023 Submission of articles: 30 November 2023

Suggested reading list

Baxter, J. (2003). Positioning Gender in Discourse: A Feminist Methodology. Basingstoke: Palgrave MacMillan.

Hobgen, S. and Coupland, J. (2000). “Egg seels sperm. End of story…? Articulating gay parenting in small ads for reproductive partners.” Discourse & Society 11(4): 459-85.

Mackenzie, J. (in press, 2023a) Connected Parenting: Digital Discourse and Diverse Family Practices. Bloomsbury.

Mackenzie, J. (forthcoming 2023b) “Negotiating normativities of gender, sexuality and the family in gay parents’ small stories.” Journal of Language and Sexuality.

Motschenbacher, H. and Stegu, M. (2013). “Queer Linguistic approaches to discourse.” Discourse & Society 24 (5): 519-35.

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Ricerche per Lidia: il femminismo nelle arti visive, nel corpo, nelle migrazioni, nella fantascienza, nel presente e futuro interspecie

A cura di Marta Cariello (Università della Campania “Luigi Vanvitelli”) e Serena Guarracino (Università degli Studi dell’Aquila)

La scomparsa di una Maestra lascia sempre il senso di un dialogo interrotto, una tessitura sfilacciata, un ripiglino (il gioco di intrecci alla base di Staying with the Trouble di Donna Haraway) a cui sfugge una maglia. Senza sperare di colmare questo vuoto, ci sembra però necessario trasformarlo in uno spazio di ricerca e relazione, che permetta al dialogo di continuare, al ripiglino di mutare in nuove, straordinarie forme. Per questo, per il prossimo numero di de genere, invitiamo contributi che, nel solco profondo e prolifico della ricerca di Lidia Curti, esplorino i temi delle arti visive, del corpo, delle migrazioni, della fantascienza in chiave femminista, o xenofemminista. La ricerca della voce subalterna, femminile o queer, ha attraversato tutta l’opera di ricerca e scrittura di Lidia Curti, dai lavori sul teatro, la televisione e il cinema, alla ricerca sul corpo e/come scrittura, alle tracce narranti delle migranti, alla futurità femminile e sempre “altra”, fino allo sguardo al presente e al futuro interspecie, oltre i legami antropocenici. Il femminismo di Lidia Curti è la richiesta allə allievə, in ogni lettura, in ogni scrittura, in ogni tipo di testualità studiata, di “cercare sempre la donna”, dove “donna” non è mai stata una designazione meramente biologica bensì una posizionalità, una soggettivazione che pur con il passare delle epoche e le metamorfosi del pensiero non ha mai derogato all’agire politico, alla ricerca come forma di militanza. Il femminismo diventa così una chiave relazionale per leggere il mondo e stare al mondo, fuori dalle asimmetrie soggetto-oggetto, è apertura, pratica e comunità.

Gli articoli che invitiamo a proporre non vorranno essere una celebrazione o un ricordo personale, ma una ricerca della “voce dell’altra”, la voce o il corpo queer, nella traccia lasciata da Lidia Curti, segno di penna aperto a continuare la scrittura.

Abstract di 300 parole (in inglese, italiano o francese) devono essere inviati a: degenere.journal@gmail.com e in CC a: marta.cariello@unicampania.it e serena.guarracino@univaq.it, insieme ad un elenco di riferimenti bibliografici e una breve nota biografica. Per le linee guida per l’invio di una proposta ed altre informazioni controllate la nostra pagina con le linee guida.

Invio delle proposte: 30 luglio 2022

Invio degli articoli: 30 ottobre 2022

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Soggetti transnazionali e identità interculturali: il viaggio e il Sud Globale

A cura di Silvia Antosa (Università di Enna “Kore”) e Elisabetta Marino (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)

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Da tempo immemore la letteratura di viaggio ha evidenziato il divario spaziale e temporale esistente tra luoghi, culture e lingue diverse, provocando spesso un senso di smarrimento e una perdita di stabilità nei lettori e nelle lettrici. Come forma narrativa, ha posto sfide costanti a chi vi si è accostato, incoraggiando ad adottare criteri interpretativi sempre diversi e nuovi. La complessità della letteratura di viaggio non può essere ridotta a un unico genere né classificata seguendo un’ideologia o un approccio scientifico univoci: di fatto, muta forma e linguaggio a seconda dei contesti culturali e dei mondi che descrive, adotta molteplici modalità di raffigurazione e sviluppa prospettive inattese. Lettori e lettrici sono così obbligati a riorientarsi, per comprendere e ricreare in modo originale il mondo narrato o i molteplici mondi ai quali possono scegliere – seppur temporaneamente – di appartenere.

Il “Sud” è tradizionalmente percepito come uno spazio dai confini instabili e sfuggenti, aperto a numerose forme di rappresentazione e riconfigurazione; è stato spesso legato alla possibilità di osservare e sperimentare forme d’incontro inedite, che portano alla ridefinizione dei parametri socioculturali consueti, o al sovvertimento delle coordinate note di genere e della logica del desiderio eterosessuale. Le donne hanno spesso colto nel viaggio una possibilità di emancipazione, l’occasione per liberarsi oltre le convenzioni sociali. Lettere e resoconti di viaggio hanno così offerto alle viaggiatrici l’opportunità straordinaria di acquisire una propria voce, chiara e autorevole, in grado di esprimersi persino su argomenti che si credeva esulassero dalle loro limitate (o così, almeno, si pensava) competenze. L’incontro con l’Altro le ha, inoltre, poste di fronte alla necessità di osservare la propria posizione attraverso il confronto (non sempre incoraggiante) con le donne straniere. Nelle loro opere, il “Sud” può trasformarsi in uno spazio performativo foriero di trasformazioni, nel quale è possibile ritrovarsi, rendendo così la propria voce narrativa più chiara e potente. Se la scrittura di viaggio al femminile è stata tradizionalmente considerata più “soggettiva” (McEwan 2000, 87) e “confessionale” (Foster 1990, 19) nel tono, le autrici di viaggio del ventesimo e ventunesimo secolo hanno ridefinito la natura stessa dei loro testi attraverso l’impiego di forme nuove. Sostenute dallo stesso spirito, hanno ri-immaginato il Sud come il luogo in cui potessero sentirsi più libere di indagare la propria sessualità; individui queer e dissidenti sessuali hanno inoltre dato vita a spazi alternativi di narrazione, combinando le forme testuali esistenti allo scopo di modellare in modo dialogico identità che sfuggono alle classificazioni.

Recentemente, si sono quindi avvertiti cambiamenti sensibili nelle forme testuali. Concentrandosi su opere scritte a partire dal diciannovesimo secolo fino ai giorni d’oggi, questo numero della rivista si propone di esplorare una pluralità di testi scritti, visivi e intermediali, approfondendo l’esperienza di viaggiatori e viaggiatrici nel Sud Globale (nell’accezione più ampia del termine). Lo scopo è quello di mostrare il modo in cui autori e autrici si sono misurati/e con questioni legate all’identità, alla differenza, agli incontri interculturali, al senso di appartenenza. Si vuole, inoltre, indagare come la (de)costruzione di frontiere, di assetti sociali e strategie di controllo possa essere accompagnata da una comprensione più profonda e articolata delle complesse connessioni che uniscono luoghi geografici, spazi immaginari e identità.

Un’attenzione particolare sarà rivolta alle strategie sperimentali - testuali e intermediali - che autori e autrici hanno impiegato per mettere in discussione discorsi inveterati sulla superiorità della cultura occidentale, su ruoli e prerogative di genere, sulle identità sessuali e la religione. Si contempleranno una pluralità di forme testuali ed esperienze: resoconti di viaggio, diari, lettere, rielaborazioni creative di viaggi reali o immaginari, blog di viaggio, storie Instagram e Facebook, trasposizioni inter- e transmediali. Un approccio comparativo e un’analisi diacronica, volta ad evidenziare elementi di rottura e continuità con la tradizione, sono particolarmente graditi.

Abstract di 300 parole (in inglese, italiano o francese) devono essere inviati a: degenere.journal@gmail.com e in CC a: marino@lettere.uniroma2.it e silvia.antosa@unikore.it, insieme ad un elenco di riferimenti bibliografici e una breve nota biografica.

Per le linee guida per l’invio di una proposta ed altre informazioni controllate la nostra pagina con le linee guida: submissions page.

Invio delle proposte: 15 maggio 2021

Invio degli articoli: 30 settembre 2021

Elenco di letture suggerite

Aldrich, Robert. 1993. The Seduction of the Mediterranean. Writing, Art and Homosexual Fantasy. London and New York: Routledge

Bhabha, Homi. 1994. The Location of Culture. London-New York: Routledge.

Fortunati, Vita, Rita Monticelli, and Maurizio Ascari (eds). 2001. Travel Writing and the Female Imaginary. Bologna: Pàtron Editore.

Foster, Shirley. 1990. Across New Worlds: Nineteenth-Century Women Travelers and their Writings. London: Harvester.

Kress, Gunther, and van Leeuwen, Theo. 2001. Multimodal Discourse: The Modes and Media of Contemporary Communication. London: Kogan Page.

Jenkins, Henry. 2003. “Transmedia Storytelling. Moving Characters from Books to Films to Video Games can Make them Stronger and more Compelling”. Technology Review (January) http://www.technologyreview.com/biotech/13052/.

Lewis, Reina.  2004. Rethinking Orientalism: Women, Travel and the Ottoman Harem. London and New York: I.B. Tauris.

McEwan, Cheryl. 2000. Gender, Geography, and Empire: Victorian Women Travelers in West Africa. Burlington, VT: Ashgate.

Mills, Sara. 1991. Discourses of Difference: An Analysis of Women’s Travel Writing and Colonialism. London and New York: Routledge.

Moe, Nelson J. 2002. The View from Vesuvius. Italian Culture and the Southern Question. Berkeley: University of California Press.

Pemble, John. 1987. The Mediterranean Passion: Victorians and Edwardians in the South. Oxford: Clarendon Press.

Pratt, Mary Louise. 2008. Imperial Eyes: Travel Writing and Transculturation. London and New York: Routledge.

Ryan, Marie-Laure (ed.). 2004. Narrative Across Media. The Languages of Storytelling. Lincoln: University of Nebraska Press.

Said, Edward W. 1985 [1978]. Orientalism: Western Representations of the Orient. Penguin: Harmondsworth.

Silves, Mark and Giovanna Buonanno (eds). 2005. Cross-Cultural Encounters: Identity, Gender, Representation. Rome: Officina Edizioni.

Young, Tim (ed). 2006. Travel Writing in the Nineteenth Century. London and New York: Anthem Press.

Young, Robert J.C. 1995. Colonial Desire: Hybridity in Theory, Culture and Race. London-New York: Routledge.

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Il genere della traduzione

a cura di Anne Emmanuelle Berger (Université Paris 8) e Giuseppe Sofo (Università Ca’ Foscari, Venezia)

Nell’ottica della crescente internazionalizzazione degli studi di genere, e di un costante confronto intellettuale e politico con le sfide della globalizzazione, questo numero della rivista de genere mira a riflettere sul genere della traduzione e nella traduzione. Da un lato, si esaminerà il ruolo svolto dalle questioni di genere nella teoria e nella pratica della traduzione e, dall’altro, come e in che misura la traduzione abbia influenzato lo sviluppo degli studi di genere e le direzioni che questi hanno preso nei diversi contesti. Come si è sviluppato il discorso degli studi di genere tra le lingue? La transizione da una lingua all’altra (per esempio, tra francese e inglese, ma anche tra lingue indoeuropee e altri gruppi linguistici), da un idioma all’altro e perfino da una disciplina all’altra? Questi movimenti influiscono sul modo in cui percepiamo e teorizziamo il genere, e in che modo? Infine, in che misura gli studi di genere hanno contribuito alla trasformazione delle lingue (“naturali” o settoriali)? Il discorso sulla traduzione è stato a lungo dominato da metafore di genere o metafore legate al genere e alle relazioni di genere (fedeltà, lealtà, ecc.). Diventa dunque fondamentale studiare il ruolo che queste metafore hanno svolto nella teoria e nella pratica della traduzione, i modi in cui hanno contribuito a plasmare i testi tradotti e l’influenza che hanno avuto sulla ricezione dei testi originali. La rappresentazione del rapporto tra testo di partenza e lingua di arrivo non sfugge alla logica gerarchica che sottende al discorso di genere e contribuisce alla formazione di un ordine di genere. Allo stesso modo, la rappresentazione della traduzione come copia imperfetta dell’originale, “generata da una costola” dell’originale che rimane la sola e unica autorità, contribuisce alla concezione della traduzione come pratica d’ordine “secondario”. Tuttavia, la traduttologia si apre sempre più a una rappresentazione più dinamica del rapporto tra il testo di partenza e le sue versioni tradotte. La traduzione è quindi percepita come produttrice di differenza, in grado di rendere giustizia alla complessità dei testi, e di tenere conto della pluralità delle letture. In che misura questa nuova percezione della traduzione è plasmata da una cultura più aperta alla differenza creativa e, allo stesso tempo, in che misura la pluralizzazione generata dalla pratica della traduzione può contribuire alla formazione di una cultura di questo tipo? Sarà fruttuoso interrogarsi anche sui modi in cui i testi “traducono” le relazioni umane in configurazioni testuali e su come le identità di genere si collocano nella scrittura e nella traduzione. Inoltre, in un contesto in cui il genere non può più essere definito in maniera binaria, quale influenza ha questa nuova concezione del genere e delle identità di genere sui testi che creiamo e che ci raccontano e sulle relazioni tra i testi? Il passaggio da una scrittura non inclusiva a quella cosiddetta inclusiva ci pone anche di fronte a questioni di traduzione, linguistica e letteraria, ma anche culturale, poiché questa pratica porta a una trasformazione delle norme d’uso ma anche, a lungo termine, della lingua stessa, per annullare la prevalenza del maschile (come costruzione simbolica) nella società e nella lingua. Le forme diverse che la scrittura inclusiva ha assunto in lingue diverse ci costringe anche a chiederci come tradurre queste forme. A seconda del contesto, le strategie scelte sono infatti diverse: la demaschilizzazione o femminilizzazione del linguaggio, la neutralizzazione di genere o la pluralizzazione sono strategie diverse, se non opposte, che implicano diverse concezioni di genere, e dei rapporti di genere. Infine, sarebbe interessante, per esplorare la pluralità del termine “genere” nel contesto letterario, considerare la possibilità di leggere la traduzione come un genere a sé stante, ovvero come una forma riconoscibile grazie ad alcuni tratti stilistici e strutturali, chiedendosi se le aspettative delle lettrici e dei lettori di una traduzione possano essere paragonate o assimilate a quelle delle lettrici e dei lettori di altri generi.  Questo numero di de genere è aperto a ricercatori di diverse discipline, dalla linguistica agli studi culturali, dagli studi letterari e postcoloniali all’antropologia, dalla sociologia della letteratura alle scienze dell’educazione. Proposte artistiche di ogni tipo saranno più che benvenute. Indichiamo qui di seguito le principali linee di ricerca proposte, che non sono ovviamente da considerarsi come esaustive:  - Il ruolo delle questioni di genere nella teoria e nella pratica della traduzione - La traduzione delle opere degli studi di genere - Il “genere” della traduzione - Il ruolo della traduzione nel sistema letterario - Rapporto tra metafore di genere e teoria/pratica della traduzione - Teorie e pratiche di trasformazione del testo originale in traduzione - Teorie e pratiche di traduzione militante, femminista e/o di genere - Traduzione e produzione della differenza - Scrittura inclusiva - Traduzione della scrittura inclusiva - Identità testuali e di genere - La traduzione come genere letterario: forme, aspettative, ricezione.

Bibliografia

ARROJO, R., “Fidelity and The Gendered Translation”, in TTR: Traduction, terminologie, rédaction, 7.2, 1994, pp. 147-163.

BERGER, A. E., Le grand théâtre du genre: Identités, sexualités et féminisme en ‘Amérique’, Paris, Belin, 2013.

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CASTRO, O, ERGUN, E. (a cura di), Feminist Translation Studies: Local and Transnational Perspectives, London-New York, Routledge, 2017.

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DE LOTBINIÈRE HARWOOD, S., Re-belle et infidèle: La traduction comme pratique de réécriture au féminin / The Body Bilingual, Translation as a Rewriting in the Feminine, Toronto, Women’s Press, 1991.

DERRIDA, J., L’oreille de l’autre (otobiographies, transferts, traductions): Textes et débats avec Jacques Derrida, edited by C. Lévesque et C. V. McDonald, Montréal, VLB éditeur, 1996.

D’HULST, L., “Sur le rôle des métaphores en traductologie contemporaine”, in Target, 4.1, 1992, pp. 33-51.

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FEDERICI, E. (a cura di), Translating Gender, Bern, Peter Lang, 2011.

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GUARRACINO, S., La traduzione messa in scena: Due rappresentazioni di Caryl Churchill in Italia, Perugia, Morlacchi Editore, 2017.

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VON FLOTOW, L., Gender in Translation: The Issues Go on, Ottawa, University of Ottawa Press, 2001.

WALLMACH, K., “Feminist Translation Strategies: Different or Derived”, in Journal of Literary Studies, 22, 2006, pp. 1-26.

WILHELM, J., “Anthropologie des lectures féministes de la traduction”, In TTR: Traduction, terminologie, rédaction, 27.1, 2014, pp. 149-188.

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Città (in)visibili: soggetti, sguardi. Le metropoli e il punto di vista

a cura di Giorgio de Marchis e Maria Paola Guarducci

La fotografia non è ciò che è stato fotografato, è qualcos’altro. È piuttosto una trasformazione”, affermava il fotografo statunitense Garry Winogrand, citato in un articolo a proposito di un altro fotografo – René Burri – da Teju Cole, il quale aggiunge: “L’immagine fotografica è un racconto creato dalla combinazione di obiettivo, macchina, pellicola, grana, colore (o assenza di colore), momento del giorno, stagione” (Cole 2015). Consapevole che una fotografia è sempre una miscela di prontezza, opportunità e mistero, Teju Cole, a sua volta fotografo e scrittore, attraversa San Paolo (Brasile) alla ricerca del punto di vista di un suggestivo scatto di Burri datato 1960, Men on a Rooftop, per concludere, dopo molta fatica, che “una volta scoperto tutto quello che possiamo sapere su un’opera d’arte, quello che non possiamo conoscere assume ancora più valore. Arriviamo sulla cima e non riusciamo ad andare oltre” (ibid.). Il punto di vista, il ‘taglio’ di una rappresentazione, sembra dire Cole giunto nel luogo esatto da cui Burri scattò Men on a Rooftop, non è dunque solo una questione di angolazione: nemmeno nella fotografia, che “sembra avere con la realtà visibile un rapporto più puro, e quindi più preciso di altri oggetti mimetici” (Sontag 1978). L’immagine della città nelle arti - scrittura, arti visive, musica, multimedialità – è, quindi, una narrazione che acquista senso e fisionomia a partire dal punto di vista di chi narra. Lo sguardo che osserva la città informa la peculiarità del ritratto della metropoli che propone, della quale delinea, al contempo, tratti nascosti e caratteristiche palesi; note private, intime ed esclusive ma anche aspetti di rilevanza collettiva perché così sono stati architettati o così li ha resi, appropriandosene più o meno consapevolmente, chi ne fruisce. La città, che è per sua stessa natura spazio definito da una pianificazione precisa e ‘realistica’, è comunque anche luogo utopico e distopico, mutante e aperto, minaccioso e accogliente, familiare e indecifrabile. Lo spazio urbano – a differenza delle città spettrali, delle rovine urbane dell’antichità o delle fake cities dell’estremo contemporaneo – è di per sé molteplice e inafferrabile perché attraversato e modificato dal tempo, metamorfico, patchwork scomposto di gentrificazioni e abbandoni, riqualificazioni e nuove incurie, omologazioni e caratterizzazioni estreme. Tuttavia, o proprio in virtù della sua contraddittorietà e versatilità, la città è un topos privilegiato dell’arte che però, riteniamo, si carica di rinnovata pregnanza se posto sotto lo scrutinio critico di quest’epoca.  Inoltre, spesso pensata al femminile come territorio di conquista, esplorazione, appropriazione, la città è uno spazio originariamente pianificato soprattutto da uomini, ‘naturalmente’ a beneficio del soggetto maschile o, comunque, di un’identità collettiva astratta codificata secondo categorie normative che tendono ad escludere le minoranze (siano queste numeriche, culturali o politiche).  Scopo di questo numero di de genere è raccogliere una serie di interventi il più possibile eterogenei e interdisciplinari sul rapporto tra punto di vista e città, in cui la cifra di tale relazione sia data dalla commistione di una o più connotazioni dello ‘sguardo’ quali gender, classe sociale, status economico e/o giuridico, età, ecc. Si chiede perciò di esplorare quanto la polisemia delle metropoli - a qualunque latitudine e longitudine e in qualsiasi epoca storica - le renda, nella loro rappresentazione, luogo di integrazione o disintegrazione (o entrambi), di significati stabili o instabili (o entrambi); le definisca come territori di potere, desiderio, paura, scoperta, affettività, crescita, perdizione, anonimato, appartenenza, esclusione, successo o tragedia. Si invitano gli/le interessati/e a sottoporre abstract a partire da diversi ambiti disciplinari e anche in chiave comparata che analizzino lo spazio urbano in qualunque sua declinazione ma partendo sempre da specifici punti di vista, impliciti o dichiarati, privilegiando i temi che seguono (o temi affini), nella letteratura così come in altre forme artistiche: - spazi pubblici e spazi privati: sottrazioni, appropriazioni, occupazioni

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Bibliografia consigliata

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Small Islands? Solidarietà transnazionale nella letteratura contemporanea e nelle arti

A cura di Rita Monticelli and Lorenzo Mari

Ripercorrendo il suo fondamentale saggio “Under Western Eyes” (1986) in vista della pubblicazione di Feminism Without Borders. Decolonizing Theory, Practicing Solidarity (2003), Chandra Talpade Mohanty ha affermato come il confronto tra diverse tradizioni femministe (di marca euro-americana, postcoloniale o altra), quantunque in sé difficile, possa ancora portare a concepire la “pratica della solidarietà” – in luogo della “sorellanza” o di altri termini analoghi – come forma specifica di “lotta anti-capitalista”, a livello transnazionale. L’impianto teorico di Mohanty rinvia all’opera di Jodi Dean, nella quale la solidarietà è definita dalla richiesta: “Chiedo a te di sostenere me e di stare a fianco e di contro a un terzo” (Dean 1996, 3). La produzione di una prospettiva “terza” allude anche alla necessità di rivedere la stessa nozione di “solidarietà femminista”, decostruendone i confini normativi – confini che producono, ad esempio, situazioni ambivalenti di “transfobia” all’interno di alcuni orientamenti femministi (Namaste 2000, Hayes 2003 et al.) –  e aprendo alla possibilità di dibattiti più inclusivi in ambito gender, queer e LGBTQIA. Tale estensione delle possibili modalità con cui rapportarsi alla questione della solidarietà politica – includendo qui solidarietà gender, queer e LGBTQIA – permette anche di superare talune aporie proprie delle politiche identitarie. Come ha affermato Judith Butler, la solidarietà non dovrebbe basarsi tanto sull’obliterazione delle differenze tra diverse identità, bensì sulla “sintesi di un insieme di conflitti”, ovvero “un modo di affrontare il conflitto secondo modalità politicamente produttive, una pratica della contestazione che richiede che questi movimenti articolino le loro finalità in base alle loro pressioni reciproche, senza per questo addivenire ad assimilazione” (1998, 37). Criticando la “catena di equivalenze” di Laclau e Mouffe (1985), in quanto tale concezione del conflitto politico riunisce e pone sullo stesso piano di orizzontalità significanti politici in origine diversi, Butler riconosce alla solidarietà politica la potenziale capacità di illuminare la “differenza da sé” (self-difference) all’interno di ciascuna posizione politica. Riconoscendo la “differenza da sé” come principio di base, questa nozione di solidarietà consente anche l’apertura verso una prospettiva più dichiaratamente transnazionale – riproducendo, così, il già citato confronto tra le tradizioni (femministe, ad esempio) di marca euro-americana, postcoloniale o altra. Individuare un tale orizzonte transnazionale non significa tanto cancellare le peculiarità dei dibattiti nazionali e locali, quanto illuminarne la loro costitutiva complessità; ciò può trovare applicazione in contesti tra loro radicalmente differenti, come ad esempio le modalità con le quali il conservatorismo politico e religioso attivo nel dibattito italiano ha etichettato come ‘ideologia’ tutto ciò che afferisce al ‘gender’ – offuscando così la stessa “differenza da sé” interna al genere insieme alla possibilità di sviluppare, in Italia e a livello transnazionali, discorsi e pratiche solidali ad esso collegati. Un altro esempio paradigmatico si può riscontrare nel dibattito accademico sulle “molestie sessuali” che ha portato alle dimissioni di Sara Ahmed dalla Goldsmiths, nel 2016, vicenda che ha messo in luce la necessità di rivedere teorie e pratiche della solidarietà anche in ambiente accademico (sia nazionale che transnazionale). Più specificamente, l’insistenza di Butler su una solidarietà che sia “un modo di affrontare il conflitto secondo modalità politicamente produttive” riguarda direttamente l’ambito della produzione culturale e, in particolare, le narrazioni letterarie della solidarietà. In questo caso, le rappresentazioni letterarie di esperienze transnazionali – come quelle che sono state promosse recentemente dai movimenti diasporici globali (ma non soltanto da essi) – spesso riproducono e/o articolano forme specifiche di solidarietà (femminista, gender e/o LGBTQIA), anticipando o anche mettendo in discussione i modelli teorici disponibili rispetto alla solidarietà politica. Prendendo in considerazione testi molto diversi tra loro – dal caso paradigmatico di Queenie e Hortense in Small Island (2004) di Andrea Levy fino all’ambivalente relazione di solidarietà messa in scena dal film Terraferma (2011) di Emanuele Crialese – le narrazioni e rappresentazioni della solidarietà che ne emergono possono essere interpretata attraverso le categorie di Dean e Mohanty, di Judith Butler (o, al contrario, di Laclau e Mouffe), così come attraverso altri metodi (Allen 1999, Scholz 2008, Hooker 2009 et al.). Inoltre, gli sviluppi teorici più recenti nell’ambito della riflessione sulla solidarietà politica hanno messo in luce come tale questione possa trovare adeguata applicazione negli scenari più marcatamente transnazionali e transculturali, rafforzando, così, le nozioni di “convivialità” (Gilroy 2004) e “ospitalità” (Claviez 2013). Nella fase di accettazione dei contributi, saranno privilegiate le proposte di indagini teorico-critiche e lo studio delle rappresentazioni letterarie e/o artistiche, provenienti da differenti tradizioni, che siano legate alla solidarietà politica e ai seguenti temi (oppure a temi ad essi affini):

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Bibliografia

 

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Humosexually Speaking Laughter and the Intersections of Gender

A cura di Giuseppe Balirano and Delia Chiaro

Lo humour può essere un’attività molto rischiosa, in particolar modo quando denigra le minoranze. Le persone ridono per le più disparate banalità, spesso senza tener conto che qualcuno, attraverso quelle stesse banalità, possa essere schernito al punto di divenire una vera e propria vittima sociale. Immagini stereotipate nascono da atteggiamenti negativi nei confronti di alcuni gruppi sociali e creano un pregiudizio di lunga durata. L’immagine distorta che passa attraverso l'umorismo ha la funzione di ingabbiare le persone LGBTI in rappresentazioni negative, che spesso includono riferimenti alla malattia e alla morte, oppure ritraggono tali gruppi come maniaci sessuali o pervertiti. Attraverso l’umorismo, queste caratteristiche si innestano nelle più comuni pratiche sociali, che rappresentano così l’origine di pregiudizi basati in genere sul rifiuto del gruppo preso a bersaglio. La ripetizione della stessa rappresentazione negativa può infine portare alla formazione di discorsi sedimentati in diversi contesti sociali: in questo modo tali rappresentazioni ideologiche stereotipate diventano parte di un discorso significante comune, e non più immediatamente percepibili come ideologie negative o di esclusione. Analizzando la funzione sociale dello humour in comunità di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali in contesti postcoloniali, ci preme sottolineare il modo in cui l'umorismo ha il potere di rafforzare e reinterpretare costantemente l'esclusione sociale, culturale e giuridica di alcuni membri della società. L'omosessualità nel discorso umoristico è un argomento molto serio. Tuttavia, non si è ancora affrontata un'indagine sistematica sul rapporto tra umorismo e tematiche e/o persone LGBTI; in particolare, non vi è alcuna ricerca coerente sulla questione in contesti postcoloniali. La nostra proposta invita contributi originali su riflessioni teoriche, così come l'esplorazione analitica del linguaggio umoristico, delle rappresentazioni di comici, oltre che di blog, film, serie tv ed altri prodotti scritti e/o audiovisivi pertinenti alle tematiche individuate e generate in paesi di lingua inglese. Saranno particolarmente apprezzati contributi che privilegino approcci interculturali e interdisciplinari.

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Bibliografia suggerita

Postcoloniali e generi – postcoloniali degeneri

A cura di Marta Cariello and Serena Guarracino

Il primo numero di de genere vuole aprire la discussione su una vasta piattaforma di temi che speriamo ricorrano nei numeri futuri della rivista, tracciando così le linee di un dialogo iniziale entro cui sviluppare interventi e dibattiti a venire. La teoria e la pratica postcoloniale e di genere hanno trovato terreno comune dopo l’avvio di ciò che Chandra Talpade Mohanty ha per prima definito Third World Feminism (1988). Negli anni che da allora sono trascorsi, il genere è divenuto un concetto sempre più molteplice (si veda Butler, Muñoz, Preciado), anche se i luoghi d’appartenenza e, allo stesso tempo, i discorsi transnazionali di potere continuano a informare la costruzione e identificazione dei corpi in relazione al genere sessuale che esprimono o che viene loro attribuito. Allo stesso tempo, mentre in questi anni la letteratura e l’arte postcoloniale vedono, in un certo senso, una svolta mainstream (come ben dimostrato dall’ultimo lavoro di Sandra Ponzanesi), gli immaginari neocoloniali emergenti dalle politiche internazionali contemporanee hanno rinnovato le sfide delle egemonie neo-orientaliste (Appadurai, Balibar, Gandhi, Yegenoglu). Invitiamo quindi contributi che indaghino i modi in cui il postcoloniale si articola come discorso di genere, e come le teorie di genere contemporanee si relazionano con le complesse stratificazioni delle temporalità postcoloniali. La nostra intenzione è di mappare (seppur in modo incompleto) i modi in cui le teorie e le narrazioni postcoloniali e di genere interagiscono senza necessariamente fondersi. Ci interessano le loro traiettorie interconnesse e/o divergenti, emergenti tanto nei diversi quadri teorici quanto nelle molteplici pratiche letterarie e artistiche, che si confrontino con i seguenti temi:

Riferimenti bibliografici di base